Politica e Industria Culturale: Prospettive e Sfide per il Futuro
Luca Formenton
L’industria culturale rappresenta uno dei settori più complessi e nello stesso tempo affascinanti del panorama economico e sociale di un Paese. Non solo è un motore di sviluppo economico, ma costituisce anche un elemento essenziale per la costruzione dell’identità collettiva e per la promozione del dialogo tra le diverse anime della società. La mia esperienza personale mi ha permesso di osservare il rapporto con la politica sia nelle imprese tradizionali, orientate al profitto, sia in quelle sociali o del terzo settore, che operano senza scopo di lucro perseguendo finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.
Come responsabile del Saggiatore, della Fondazione Mondadori e della Fondazione Bookcity, ritengo fondamentale riflettere su come la politica possa realmente contribuire alla crescita e alla sostenibilità dell’industria culturale, superando le sfide attuali e cogliendo le opportunità future.
Il Saggiatore
Credo sia fondamentale per un’impresa culturale, nel senso tradizionale del termine, perseguire obbiettivi cha abbiano il profitto non come fine ultimo, ma come condizione necessaria per l’indipendenza economica dell’azienda Quell’attività editoriale dove il profitto non è un fine ma una condizione necessaria. Per quanto riguarda in particolare l’editoria il fine principale dovrebbe essere quello di mettere a disposizione dei propri lettori libri come strumenti di conoscenza, siano essi saggi o fiction, offrire cioè strumenti per quel lavoro di progettisti della propria vita, che, come diceva Sartre, caratterizza le domande del pubblico più attento.
Il lavoro che Alberto Mondadori iniziò nel 1958 e continuò fino alla sua scomparsa nel 1976 ha rappresentato uno dei più formidabili tentativi di aggiornamento e sprovincializzazione della cultura italiana. Per usare le sue parole: “il Saggiatore (…) sorge con lo scopo preciso di soddisfare le richieste e i gusti di un pubblico intellettualmente moderno (…) si propone di adeguare gradatamente la nostra cultura a quelle più avanzate (…)” [1] e ancora in una lettera a Ranuccio Bianchi Bandinelli dell’aprile 1961: “Quello che conta (…) è il comune intento della sprovincializzazione, di una strumentazione sempre più attenta della cultura e dei suoi rapporti con il quotidiano, (…) onde cessi la frattura sempre più avvertibile e sempre più dannosa fra cultura e vita (…)”
Questo progetto è stato anche il nostro nel corso di questi ultimi 30 anni, da quando cioè la casa editrice ha ritrovato la sua indipendenza: in queste ultime stagioni sul versante politico abbiamo spesso assistito a una sorta di rivendicazione dell’ignoranza come forma di resistenza sottoculturale, come emancipazione da presunte classi intellettuali dominanti, ma lontane da un ipotetico «paese reale» o dalla mai così tanto invocata «volontà popolare». Inoltre, la progressiva attitudine di buona parte della classe politica e dirigente a considerare l’essere umano un consumatore e non un cittadino, ha fatto sì che anche la produzione culturale sia spesso intesa come una proposta per l’intrattenimento, destinata al tempo libero e senza altro scopo che lo svago, seppur intellettuale. Dalla sua fondazione a oggi il Saggiatore ha cercato invece di indirizzare la propria politica editoriale a un’idea diversa di cultura scegliendo i propri libri in base alla capacità di incidere sulla realtà, di rappresentare e comprendere il mondo e di condividere valori. I nostri libri, infatti, si rivolgono più alla contemporaneità che all’attualità. Ci sono poi alcuni principi che sono alla base del nostro lavoro odierno:
- La centralità dell’uomo;
- Le voci e le narrazioni altre (fuori dal troppo spesso autoreferenziale dibattito italiano);
- Il mondo com’è e non come viene rappresentato dal pensiero unico dei media;
- La democrazia come integrazione pluralistica dal basso.
Tutto questo con la convinzione, che ogni tentativo di rinnovamento della società passi solo attraverso una maggiore diffusione della cultura e quindi del libro - che, pur nel mezzo di trasformazioni mediatiche, rimane lo strumento insostituibile di diffusione del sapere.
Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori
Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori nasce per volontà̀ dei familiari, con il principale intento di conservare e valorizzare la memoria del lavoro editoriale italiano e dei suoi principali protagonisti, a cominciare proprio dalla storia dei due editori, e delle case editrici da loro create, Mondadori e il Saggiatore, che hanno caratterizzato in modo significativo la miglior parte dell’attività editoriale del Novecento, sia sul piano dello sviluppo culturale sia su quello della creatività̀ imprenditoriale.
Nei suoi quarant’anni di vita FAAM ha progressivamente ampliato le sue aree di attività̀.
Il primo periodo all’inizio degli anni ottanta e novanta del secolo scorso si è concentrato prevalentemente sulla conservazione della memoria editoriale, ossia sulla ricostruzione del catalogo storico della Arnoldo Mondadori Editore, l’acquisizione e l’inventariazione di parecchi fondi di protagonisti e imprese (oltre ad Arnoldo e Alberto Mondadori, Vittorio Sereni, Ervino Pocar, Domenico Porzio, Erich Linder e Agenzia letteraria internazionale, Rosa e Ballo editori, Alba de Céspedes, Gianni Brera, Giorgio Colli, Franco Quadri, Enzo Ferrieri, Giuseppe Bottai, solo per fare qualche nome).
Gli archivi (2000 metri lineari) peraltro sono stati affiancati dai numerosi fondi bibliografici (oltre 200.000 volumi), che restituiscono una preziosa e completa testimonianza della storia editoriale italiana.
Con il passare degli anni alla conservazione della memoria editoriale si sono aggiunte nuove attività̀ e iniziative: la formazione, con l’avvio del Master in Editoria nel 2002 in collaborazione con l’Università̀ degli Studi di Milano e l’Associazione italiana editori (nelle sue 23 edizioni sono stati selezionati più di 3700 candidati), le pubblicazioni, la divulgazione, con progetti per le
scuole e numerosi convegni dedicati a tutti i protagonisti del mondo editoriale (esemplare in questo senso il convegno su Erich Linder, che ha dato piena luce, forse per la prima volta, alla figura dell’agente letterario).
Per quanto riguarda il nostro rapporto con la politica, a parte la lunga consuetudine con Regione Lombardia, socio benemerito di Fondazione fin dal trasferimento della sede a VillaPizzone (Regione contribuì alla ristrutturazione della sede) e con cui si sono sviluppate innumerevoli iniziative partendo dall’importante mappatura di tutte le biblioteche lombarde, sono stati molto importanti i progetti Copy in Milan e Milan a place to read, realizzati con la collaborazione del ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e dell’allora ministero per i Beni e le attività culturali e per il turismo. Due progetti che hanno contribuito a valorizzare da un lato il ruolo della mediazione editoriale nella diffusione della cultura italiana nel mondo, dall’altro la specificità di Milano quale città del libro e della lettura, dando vita non solo a mostre itineranti e convegni, ma anche a risultati concreti, come la nomina di Milano Città creativa Unesco per la letteratura, a conferma della forte identità editoriale della nostra città, e la nascita del Laboratorio Formentini per l’editoria nel 2015 (abbiamo recentissimamente festeggiato i dieci anni) grazie a una convenzione con il Comune di Milano, che è diventato il centro di attività e dibattito per l’intera filiera editoriale della città, aperto a cittadini e professionisti, con tavole rotonde, mostre, seminari professionali, corsi di formazione, convegni, laboratori per le scuole.
L’esperienza di Bookcity: un esempio virtuoso
Un’esperienza positiva che desidero inoltre ricordare è la nascita e l’organizzazione di Bookcity, oggi la più grande manifestazione dedicata al “cittadino lettore” non solo in Italia. Si tratta di una festa in cui il libro incontra il lettore, entrando in luoghi spesso lontani dall’attività culturale, in un movimento dal centro alla periferia che è diventato il suo tratto distintivo.
Nata nel 2012 grazie alla collaborazione tra il Comune di Milano che ha reso disponibili gratuitamente spazi storici della città,, le Fondazioni editoriali milanesi, Corriere della Sera, Feltrinelli, Mauri e Mondadori ,che si sono occupate dell’organizzazione e della ricerca di sponsor, e centinaia di editori che si sono fatti carico di portare i loro autori e organizzare gli eventi, Bookcity è riuscita, con un budget limitato di circa 400 mila euro, a coinvolgere ogni anno una media di 200 mila cittadini attraverso oltre mille eventi. Bookcity dimostra che, anche con risorse limitate, è possibile creare un impatto significativo sulla comunità, favorendo il dialogo tra autori e lettori e promuovendo la lettura come strumento di crescita personale e collettiva
Politica e cultura: una visione strategica necessaria
Nonostante esempi virtuosi come Bookcity, il rapporto tra politica e cultura è spesso caratterizzato da una visione di corto respiro, che fatica a riconoscere il valore strategico di questo settore.
La cultura deve essere considerata un investimento a lungo termine per il benessere collettivo, non un lusso o un settore marginale. Tuttavia, i recenti tagli a livello locale e nazionale su cultura, ricerca e innovazione, tanto per fare un singolo esempio vanno in direzione contraria. L’abolizione dell’app 18, che era stata presa a modello in tutta Europa, è un esempio emblematico di questa miopia politica.
Inoltre, come sottolineato da Francesca Moncada in queste pagine, spesso gli operatori pubblici ignorano la struttura non-profit delle imprese culturali, privilegiando associazioni dilettantistiche perché più chiaramente “non a scopo di lucro”. In un contesto nazionale e internazionale sempre più semplificato e brutale, riscoprire il valore della complessità attraverso investimenti in cultura, scuola e ricerca è una necessità urgente.
Aggiungo che è fondamentale promuovere la diversità e l’inclusione all’interno del settore culturale, sostenendo iniziative che diano voce ai gruppi tradizionalmente esclusi o sottorappresentati.
Collaborazione internazionale: il valore del dialogo
La politica inoltre dovrebbe promuovere la collaborazione internazionale, riconoscendo il valore del dialogo e dello scambio culturale. L’esempio di Milano Città creativa Unesco per la letteratura, nata come ho scritto in precedenza, grazie alla collaborazione di enti pubblici e privati è un esempio per ulteriori attività analoghe. L’Italia, con il suo straordinario patrimonio culturale, ha l’opportunità di aprirsi al mondo, favorendo la cooperazione con altri Paesi e partecipando attivamente alle reti culturali internazionali. Questo non solo valorizza il nostro patrimonio, ma permette anche di apprendere dalle esperienze altrui e sviluppare nuove idee.
Conclusione
L’industria culturale ha bisogno di una politica che sappia ascoltare, agire e investire nel futuro. Solo così sarà possibile trasformare le sfide in opportunità e costruire un sistema culturale solido e sostenibile. Il mio impegno, attraverso le realtà che rappresento, è quello di continuare a lavorare per un dialogo costruttivo tra cultura e politica, affinché questo settore riceva finalmente l’attenzione che merita.
Luca Formenton è editore e Presidente de Il Saggiatore. Presiede, inoltre la Fondazone Arnoldo e Alberto Mondadori e laFil - Filarmonica di Milano. È presidente del comitato di indirizzo della Fondazione Bookcity Milano.
