di Giacomo Spazio

 

Da ormai circa 50 anni mi muovo, vivo e agisco in ambito controculturale.

Per me la controcultura è il complesso di valori e modelli culturali, sociali e politici che deliberatamente si scontra con quello dominante nell’intento di superarlo, ritenendolo ormai esausto.

La controcultura che io ho vissuto in prima persona è stato il movimento Punk. Nato come ‘sordida’ sottocultura a New York City alla fine del 1974, è subito dopo esplosa nel 1975 nelle strade di Londra. Questa controcultura, in 50 anni si è trasformata in una rivoluzione globale che ancora mostra la sua incisività all’interno del sistema, influenzando ogni cosa: moda, musica, fotografia di strada, scrittura, informazione, inglobando non-sport come lo skateboarding e infine l’arte, la cibernetica e il fumetto. Tutto questo grazie alla sua pratica di vita quotidiana, racchiusa in tre parole: Do It Yourself (DIY).

Mentre, con il passare degli anni, in molte nazioni tutto questo rimescolamento di valori ha sancito la nascita di un vero e proprio sistema economico (ricordo qui come esempio che la street-art portoghese da alcuni anni è considerata l’arte di stato), con mio rammarico devo ammettere che in Italia un vero mercato che sostenga gli artisti, provenienti dal circuito alternativo e/o controculturale, non esiste.

L’unica eccezione probabilmente è il mercato musicale dove anche artisti rimasti al margine del sistema, godono in ogni caso di un riscontro di vendite.

Una grande parte delle persone coinvolte negli altri svariati settori del campo culturale si arrabbatta come può e, la maggior parte ancora insegna per vivere.

Le problematiche sono molteplici e mi viene più facile elencarle in maniera non lineare.

Comunità

L’Italia ha un tarlo ancora presente nel suo DNA.

Dalla fine del 1400 -1500, da Leonardo in avanti, il nostro paese esprime e accoglie solo il ‘singolo’ a discapito della comunità. Ma se nella fase rinascimentale la comunità artistica era vissuta dagli artisti in modo competitivo, oggi i pochi artisti emersi non sono interessati, o nemmeno sanno, di fare parte di una comunità. All’estero (che rimane sempre un punto di riferimento e di ispirazione), gli artisti più famosi inglobano nelle loro esposizioni personali anche lavori di altri artisti che appartengono allo stesso mondo espressivo, cosa che da noi è qualcosa che ancora sa di alieno.

Stato

Il completo disinteresse atavico dello Stato e delle sue istituzioni e di conseguenza della politica, nel conoscere e accogliere le risorse artistico-controculturali della penisola, lasciando questo compito ai privati che spesso spaesati, sono preda ambita di galleristi o scaltri presunti tali.

Valga solo come esempio sapere che la Francia (lo Stato), oltre a promuovere mostre istituzionali sullo stato attuale dell’arte, spinge l’immagine degli artisti aiutandoli anche con l’emissione di francobolli, oppure premiando chi si è distinto più di altri con una riconoscenza statale ufficiale (Cavaliere della Repubblica). Inoltre, la Francia ha introdotto tempo addietro l’IVA al 4 % sulla compravendita di opere d’arte e agevolazioni finanziarie per chi acquista l’opera di un artista francese in vita. Questo significa semplicemente aiutare a movimentare il mercato, riconoscendo l’alto valore culturale dell’arte.

Galleristi

I galleristi sono un'altra nota dolente.

La maggiore parte di essi è totalmente impreparata anche solo per quello che riguarda la storia dell’arte moderna post anni ’70 e, nonostante alcuni di loro abbiano accolto artisti provenienti dalla contro-cultura, si rifiutano di vedere e studiare il “movimento” in cui sono cresciuti gli artisti con i quali lavorano, precludendo di fatto la strada verso la notorietà di altri membri appartenenti alla stessa comunità.

La maggiore parte dei galleristi non ha interesse, se non in pochissimi casi, nel conoscere realmente il percorso, le idee e la storia di un artista.

Quello che conta per un gallerista sembra essere solo la vendibilità del prodotto artistico.

In generale i galleristi non possiedono idee e/o strategie per spingere un artista al di fuori della nostra penisola.

I galleristi non creano alleanze tra loro per movimentare le opere dell’artista con i quali hanno deciso di lavorare. Spesso non hanno fondi per aiutare a sostenere le spese in preparazione di una esposizione, Non hanno contratti con intelaiatori, corniciai e quanto altro serva per espandersi oltre la propria corte.

L’artista è e rimane principalmente uno sfruttato.

CSO

Il maelstrom in cui è cresciuta la controcultura italiana e che possiamo senza ombra di dubbio riconoscere nei “Centri Sociali Occupati”, in generale non ha mai saputo indicare in modo chiaro e netto quali siano gli artisti del movimento stesso finendo per essere gli artisti stessi contesi da una frangia del movimento e un altra e, infine, lasciati privi di libera scelta.

Ancora oggi se un artista riscontra un discreto successo sia di pubblico che economico, è considerato venduto al sistema.

Critica

I critici e/o giornalisti di settore, sembrano sempre in guerra tra loro e questo atteggiamento favorisce, spesso per convenienza, le scelte vaghe o improprie dei galleristi, senza una vera motivazione critica.

Mercato

In Italia la produzione d’arte non ha mercato.

Un manufatto che costi al pubblico tra i 30 e i 100 euro, prima di trovare un acquirente, deve combattere con un oggetto di plastica prodotto in serie chiamato ‘sneaker’ che il più delle volte supera la soglia economica che ho preso come esempio.

Reselling

Nonostante la nostra economia pro-capite non cresca ormai da anni, nel mercato dell’arte ancora non si è innescato il fenomeno del ‘reselling’, un fenomeno importantissimo per lo sviluppo del mercato dell’arte.

Questa pratica in Italia è totalmente occupata dalla moda. Ciò significa che le persone tra i 20 e i 35 anni, se non oltre, vengono sostenuti / mantenuti tramite le risorse economiche familiari

Produzione

L’incapacità del movimento controculturale italiano di produrre manufatti degli artisti con cui ha dialogato, ha precluso l’inserimento degli artisti stessi nel circuito alternativo europeo e mondiale, e senza ombra di dubbio, anche nel circuito ufficiale dell’arte.

All’estero, posso tranquillamente affermare che nessuno conosce cosa avviene nel nostro paese.

Conclusione

Non sono decisamente la persona più adatta a indicare una via, per risalire la china di un lassismo nei confronti delle arti. Certamente al primo posto, ci sono le Istituzioni. Finanziare, lo studio delle arti nelle scuole a partire dalle elementari sarebbe d’uopo! Insegnare musica (tutti gli strumenti). Istituire lezioni di ascolto. Raccontare la storia dell'arte così detta Moderna e stabilire visite guidate nei musei almeno 1 volta al mese (dove è possibile), per tutti gli anni della scuola dell'obbligo. Istituire per legge che il sabato e la domenica, il costo delle visite museali sia solo di 1 euro (dai 6 anni in avanti). Fornire fondi alle scuole statali, per invitare persone meritevoli che possano raccontare e mostrare il loro lavoro ad un pubblico di studenti dalla terza media in avanti. L'arte oggi si è spinta talmente in avanti, dalla 'blockchain' in poi (videomapping, arte auto-generativa, NF e questi sono solo alcuni esempi), che se soltanto fosse introdotto lo studio del linguaggio binario alle medie in modo serio, potremmo probabilmente nel giro di dieci anni recuperare il tempo perduto. Poiché se c'è qualcosa che ci può insegnare l'arte è leggere le contraddizioni del tempo in cui si vive. Infine, che lo Stato finanzi gli artisti. Le modalità legislative di questo finanziamento, può essere facilmente studiato, dagli altri stati membri della UE.


Giacomo Spazio è disegnatore grafico e artista, ha contribuito in modo sostanziale all'evoluzione della musica indipendente attraverso la Vox Pop Records, forse la più conosciuta casa discografica indipendente attiva nel settore del rock dalla fine degli anni '80 ai primi anni 2000. In seguito, ha ha gestito con amici, la spazio espositivo Limited No Art Gallery. Esperienza conclusa nel 2010. Ha poi curato diverse esposizioni in spazi privati e pubblici fino all'arrivo del Covid. Infine, ha pubblicato diversi libri tra cui ricordiamo, A new Loop, 2005. Fuc*sia. Manuale di controcultura grafica per le giovani generazioni, 2006. Artistically Cropped Self Portrait, 2013   Autoproduzione e DIY, 2021. e No Tears By Request, 2024.