Bruno Bolfo

Cos'è l'intelligenza?
L’intelligenza è la capacità di apprendere, comprendere, risolvere problemi e adattarsi in modo efficace all’ambiente circostante. Esiste in molte forme e può essere valutata in diversi modi.

ChatGPT

L’intelligenza è sicuramente una caratteristica complessa che coinvolge diverse capacità cognitive ed emozionali. L’uomo la studia da tempo per comprenderla meglio, analizzarla, capire come gestirla e potenziarla, fino ad arrivare a utilizzare la propria intelligenza per crearne una nuova: l’intelligenza artificiale. L’essere umano è curioso, ha bisogno di stimoli, sfide, problemi da risolvere, invenzioni da concepire per stimolare il suo intelletto e la sua voglia di miglioramento, di evolvere, di affinarsi ad un concetto più alto. Fa parte della nostra storia.
Ora ci troviamo in una situazione nuova, mai esplorata, creata dalla nostra intel- ligenza con l’obiettivo di accelerare ancora di più il processo evolutivo e miglio- rare la nostra esistenza. Sarà molto interessante vedere come si svilupperà l’in- telligenza artificiale, sia in termini di applicazioni nella nostra quotidianità, sia nel suo modo di “ragionare”, e come evolverà il rapporto tra le due intelligenze che fino a oggi è stato caratterizzato dal controllo e dalla predominanza di quella umana su quella artificiale. Questo scritto non vuole però alimentare il dibattito, già molto ampio, sulla bontà o meno dell’intelligenza artificiale, le sue applica- zioni, o questioni esistenziali quali la sopravvivenza dell’uomo verso la macchina. Si vuole invece fare una riflessione sull’importanza dell’arte e della cultura nello sti- molare e nell’accrescere la nostra intelligenza, soprattutto emotiva, ma anche come quella artificiale possa essere utilizzata per migliorare la fruizione dell’arte stessa e stimolare un pensiero concettuale a livello artistico, perciò, come si possa instaurare un circolo virtuoso tra arte, intelligenza emotiva e intelligenza artificiale.

Ritengo che l’arte sia un elemento fondamentale nella nostra vita, ma non sempre ce ne rendiamo conto. Spesso la percezione che oggigiorno si ha sull’arte è di un mondo a sé stante, una realtà circoscritta a poche persone che hanno la volontà e la dedizione di studiare e aumentare la propria intelligenza cognitiva per capirla e poterla apprezzare. In realtà non è così. Non è necessario fare studi specifici, spendere ore e ore in biblioteca, o consultare siti dedicati per appren- dere le tecniche pittoriche, comprendere i diversi movimenti artistici e i relativi tecnicismi. Non dobbiamo diventare prima degli esperti di arte per poter apprez- zare la sua bellezza. È esattamente il contrario. L’arte prima di tutto va vissuta. L’arte ha la capacità di farci provare delle emozioni, ma è necessario avere un approccio aperto. Sembra una cosa logica, ma la relazione che si instaura tra il visitatore e l’opera è un rapporto molto profondo, apparentemente facile, ma in realtà molto intimo e quindi in alcuni casi anche complesso. Attraverso l’arte ci troviamo a relazionarci con il nostro io interiore, quella parte di noi alla quale non si può mentire, quella parte che conosce tutto, non tanto a livello cognitivo bensì emotivo. L’arte diventa quindi un forte catalizzatore che ci aiuta ad avere delle sensazioni, a provare emozioni, gestirle e in alcuni casi anche a generare delle intuizioni. Non è un discorso generalizzato, non avviene di fronte ad ogni opera, ci vogliono i giusti elementi, molto personali, che ci permettono di avviare questa relazione con il lavoro che abbiamo davanti e quindi con noi stessi. Quando vedo un’opera che cattura la mia attenzione mi soffermo davanti ad essa. La osservo. Mi avvicino e mi allontano. Lo sguardo inizia a vagare lungo l’immagine alla ricerca di qualche cosa, senza sapere bene cosa cercare. Si sofferma sugli elementi caratterizzanti siano essi colori, forme, volumi o movimenti. Va alla ricerca dei dettagli. Pian piano cerco di astrarmi, provo a cambiare il modo di osservare dando più spazio alla parte emotiva rispetto alla curiosità cognitiva. Il movimento veloce degli occhi che corrono lungo il lavoro rallenta improvvi- samente, è come se da un lato mi allontanassi per avere una visione più ampia possibile, dall’altro volessi tuffarmi dentro l’opera. Lentamente inizio a provare qualche cosa, non so bene cosa però. Smetto di cercare e provo ad ascoltare. Ini- zia la parte più interessante, più bella. Provo lentamente delle emozioni, cerco di decifrare quali esse siano. Non sempre le percepisco immediatamente in maniera chiara, ho bisogno di far passare del tempo, di instaurare un rapporto profondo. Assaporo questo momento e il percorso emozionale che sto percorrendo, a pre- scindere dal provare gioia o tristezza, sorpresa o angoscia. Ciò che mi piace è riuscire ad astrarmi e provare emozioni, riuscire a guardare l’opera in modo diverso rispetto a quello che ci viene insegnato da un lato più tecnico e di conoscenza, un modo più intimo. Cerco di avere la mia personale visione. A questo punto mi trovo in una situazione nella quale sono riuscito a creare un rapporto emozionale unico, mio. Si potrebbe dire che ciò avviene attraverso l’opera, ma credo sia più corretto affermare che il rapporto si crea con l’opera, perché è questa che riesce ad attivare qualche cosa di profondo in me. Ovviamente ogni situazione è diversa e unica, passando da quelle opere con le quali non provo niente fino ad arrivare a dei lavori che diventano decisamente ipnotici. Divento quindi avido di emozioni e ciò mi stimola a guardare sempre più arte, a recarmi nei luoghi della cultura, a soffermarmi su quello che vedo e che provo, a confrontarmi e condividere pensieri con altre persone. A tal proposito, ricordo una bellissima conversazione di due ore avuta con Riccardo Benassi a tarda notte, iniziata parlando della sua arte e poi sfociata in una discussione filosofica molto più ampia, stimolante e riflessi- va anche su aspetti della vita di tutti i giorni. L’arte mi aiuta infatti ad aumentare la mia sensibilità, ma anche ad aumentare la mia carica empatica. L’arte è un forte attivatore ed elemento che mi permette di nutrire e accrescere la mia intelligenza emotiva, aspetto fondamentale per la nostra vita.

L’arte ha un potere incredibile nel creare benessere nelle persone, ma alcuni pre- concetti possono mettere in ombra questo aspetto dandoci una chiave di lettura sbagliata e forviante. In realtà è così semplice.
La mia passione è talmente grande e il beneficio che ne traggo talmente impor- tante che ho deciso di dedicare la mia vita professionale all’avvicinare le persone all’arte. Ho fondato Particle, una realtà che permette un accesso semplice, im- mersivo ed emozionale all’arte, alla portata di tutti, sempre e ovunque.

Tra i diversi progetti sviluppati quest’anno, la mostra personal di Addie Wa- genknecht Human Marking Tech Making Art Making Human ha affrontato la relazione tra uomo e macchina, tra arte e tecnologia, facendo una riflessione sull’impatto delle nuove tecnologie, e quindi anche dell’intelligenza artificiale, sull’arte e sul processo creativo.

L’applicazione dell’intelligenza artificiale ha infatti interessato quest’anno, come per altri settori, anche il mondo dell’arte. Diversi artisti hanno però iniziato a sperimentare l’intelligenza artificiale in senso lato già molto prima, seguendo quello che è stato lo sviluppo tecnologico e quindi riflettendo in maniera diversa sul suo impatto nella pratica artistica. JODI, nell’opera OXO, riflette sul rapporto tra la casualità generata dal movimento dei polli, l’intelligenza umana, il computer e l’intelligenza artificiale, il tutto prendendo come riferimento proprio OXO, il famoso gioco concepito nel 1952 da Alexander S. Douglas che per gli artisti risulta essere la prima volta in cui un essere umano poteva giocare contro un computer. JODI attribuisce a questo gioco un valore culturale e storico ca- pace di mettere in evidenza tematiche importanti, come l’intelligenza artificiale. Nella serie Three Thousand Tigers di Irene Fenara, l’artista ha utilizzato invece l’intelligenza artificiale come strumento per riflettere sull’estinzione delle tigri in contrapposizione all’abbondanza di foto dell’animale che si possono trovare in rete. Ha infatti raccolto sul web 3000 foto di tigri, pari al numero degli animali ancora presenti sul nostro pianeta, e le ha usate come dataset per un algoritmo generativo, conscia del fatto che gli algoritmi generativi necessitano di dataset di milioni di immagini per imparare a riconoscerle e produrle. Il risultato creato è stato un insieme di immagini poco fedeli del soggetto iniziale, la tigre, immagini puramente astratte con le quali ha prodotto delle opere tessili. Jonas Lund, nella serie MVP (Most Valuable Painting), riflette invece sul significato di valor arti- stico ed economico, demandando all’algoritmo la continua generazione di opere d’arte fino al raggiungimento del “most valuable painting” che avviene grazie a come l’essere umano interagisce durante il processo creativo collezionando le opere.

Nella serie Beauty e Alone Together mostrata in Human Making Tech Making Art Making Human, Addie Wagenknecht ragiona sul rapporto tra l’intelligenza ar- tificiale e l’estro creativo; quindi, l’intelligenza emotiva generata nel visitatore ma anche l’intelligenza cognitiva che l’artista utilizza nella sua pratica. L’artista dipinge insieme al Roomba, un robot utilizzato per le pulizie domestiche, al quale ha modificato la sua intelligenza (artificiale). L’opera è quindi tecnicamente prodotta dall’attività congiunta dell’artista e della macchina, ma in realtà è l’ar- tista che gestisce la macchina intervenendo sulla sua intelligenza per sfruttarla al meglio e generare l’opera che ha concepito. Il robot ricopre anche un significato concettuale contemporaneo, rappresentando un elemento che ci ha permesso di avere più tempo libero, che prima veniva dedicato alle mansioni di casa, per concentrarsi su un’attività più concettuali e meno meccaniche. L’artista, attra- verso un lavoro su tela che non rappresenta nessun elemento tecnologico, sfrutta l’intelligenza artificiale a suo vantaggio per mettere in risalto il suo estro creativo, ma anche per mostrare come le due intelligenze, quella umana e quella artificiale, possano collaborare nella pratica artistica, anche se su livelli diversi. L’intelligenza artificiale può quindi avere, e avrà, un ruolo di supporto in alcune attività svolte dagli operatori culturali, come istituzioni, musei e gallerie, e nella promozione dei progetti culturali. L’utilizzo dell’intelligenza artificiale non deve preoccuparci, porterà benefici al settore culturale, ma la sua applicazione va fatta con intelligenza, la nostra, evitando di incappare in scorciatoie o soluzioni che banalizzino l’arte e l’estro creativo, ma rivolte a migliorare e aumentare la fruizio- ne dell’arte e il coinvolgimento del pubblico, ampliandolo e raggiungendone di nuovo, e permettendo così di nutrire la nostra intelligenza emotiva.

Questo è un elemento fondamentale per Particle, e lavoriamo in tal senso anche per supportare il settore che tanto amiamo in un’applicazione sostenibile e van- taggiosa della tecnologia.
Discutendo con alcuni artisti commentavamo che stiamo vivendo un nuovo umanesimo che porterà ad un rinascimento 2.0. Sta a noi mettere le basi per sfruttarlo al meglio e con intelligenza.


Bruno Bolfo, classe 1983, dopo la laurea all’Università Bocconi di Milano inizia la sua carriera nell’investment banking presso JPMorgan a Londra e nel 2009 è entrato nell’azienda siderurgica di famiglia, dove ha ricoperto diversi ruoli. Nel 2020 decide di dedicarsi completamente a quella che è sempre stata la sua passione: l’arte. Ha fondato Particle, una realtà con l’obiettivo di avvicinare l’arte alle persone rendendola essenziale nella vita di tutti i giorni. L’azienda aiuta i protagonisti dell’arte a innovarsi attraverso l’utilizzo di soluzioni digitali e tecnologiche in grado di raggiungere un pubblico più ampio, aumentare il coinvolgimento delle persone e creare nuovi introiti. Particle, inoltre, sviluppa esperienze artistiche che combinano realtà fisiche e digitali coinvolgendo direttamente diverse comunità. Dal 2022 l’azienda possiede una piattaforma digitale/app proprietaria che supporta la diffusione dei suoi servizi.

Bolfo è anche attivamente coinvolto in istituzioni artistiche e in attività di mecenatismo a sostegno degli artisti. Nel 2018 ha co-fondato la Fondazione ICA Milano, un istituto no-profit per tutte le arti e per la cultura contemporanea, dove ricopre il ruolo di vicepresidente. È inoltre membro del comitato dell’Associazione Amici Sostenitori del Museo d’arte della Svizzera italiana di Lugano, associazione che sostiene le attività e la promozione del Museo della Città di Lugano e del Museo Cantonale, e membro dell’advisory board di HEK (House of Electronic Arts) di Basilea, istituzione dedicata alla cultura digitale e alle nuove forme d’arte dell’età dell’informazione.