di Alessia Panella

Pubblicato in ÆS Arts+Economics n°1, Luglio 2018

Se la normativa sul diritto d’autore è molto recente, l’esigenza di tutelare l’opera dell’ingegno è stata sentita sin dall’antichità (pensiamo a Seneca e Marziale). Già Marziale scriveva di un poeta che recitava i suoi versi «Sento dire di te, Fidentino, che recitando vai i versi miei, spacciandoli per tuoi, dinanzi a un uditorio numeroso. Se permetti che siano detti miei, gratis io ti manderò gli epigrammi; se brami invece che siano detti tuoi, comprali: così miei non lo saranno più».
La Repubblica Serenissima (nel Medioevo, nel Rinascimento e all’inizio dell’età moderna la sua grandezza era paragonabile a quella di New York oggi) è stata la prima - con la diffusione della stampa - ad abbozzare una forma di protezione del diritto d’autore, diritto che si è poi affermato in Inghilterra ed in Francia, la cui legislazione ne ha esteso la tutela – sorta principalmente quale diritto economico sulle opere letterarie - alle arti figurative e introducendo il cd. droit de suite (diritto di seguito).
Questo diritto, pertanto, nasce dalla necessità di far partecipe l’artista dell’incremento di valore dell’opera dopo la sua vendita, cioè del futuro successo.
In Italia la Siae (Società Italiana degli Autori ed Editori) nacque nel 1882 ad opera di un’assemblea composta da scrittori, musicisti ed editori dell’epoca (Giuseppe Verdi, Giosuè Carducci e molti altri), allo scopo di diffondere la tutela del diritto d’autore. Oggi, tuttavia, l’attuale formulazione della norma italiana che disciplina il diritto di seguito vede contrapposti l’Associazione Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea e la Siae nella sua interpretazione ed applicazione al caso concreto, in particolare con riferimento alla sua applicabilità alle vendite effettuate tramite le gallerie nel cosiddetto «mercato primario» dell’arte contemporanea».

La normativa italiana introdotta del 2006

L’articolo 144 della legge sul diritto d’autore è stato modificato dal Decreto Legislativo 13 febbraio 2006 n. 118 il quale recita: «1. Gli autori delle opere d’arte e di manoscritti hanno diritto ad un compenso sul prezzo di ogni vendita successiva alla prima cessione delle opere stesse da parte dell’autore. 2. Ai fini del primo comma si intende come vendita successiva quella comunque effettuata che comporta l’intervento, in qualità di venditori, acquirenti o intermediari, di soggetti che operano professionalmente nel mercato dell’arte, come le case d’asta, le gallerie d’arte e, in generale, qualsiasi commerciante di opere d’arte». Si escludono così dall’applicazione del diritto di seguito le compravendite tra privati.
In generale, nel mercato primario la galleria può, in alternativa, acquistare l’opera direttamente dall’artista e, allorquando la venderà pagherà il diritto di seguito, o può meramente ricevere in consegna l’opera dall’artista con l’incarico di effettuare la prima vendita.
In questa seconda ipotesi le gallerie in genere agiscono in virtù di un mandato senza rappresentanza, in particolare di un contratto di commissione, e non diventano mai proprietarie dell’opera, la cui vendita al collezionista costituisce, dal punto di vista giuridico, una prima cessione (cd. cessione originaria). Le Gallerie ritengono corretto che laddove esse agiscono quali rappresentanti dell’artista, le compravendite delle opere avvenute per il loro tramite siano esenti da diritto di seguito.
La Siae (ente deputato a riscuotere il diritto di seguito) non si è mai espressamente pronunciata a livello centrale su tale questione ma gli uffici locali hanno più volte preteso la corresponsione del diritto di seguito anche nelle compravendite avvenute nel mercato primario dall’artista al collezionista per il tramite della galleria che agisce, come sopra accennato, sulla scorta di un contratto di commissione ovvero di un mandato a vendere senza rappresentanza.
L’occasione di una riflessione sul punto è venuta quando un certo numero di gallerie ha chiesto la formazione di un tavolo di lavoro con la direzione centrale della Siae, e la partecipazione del Ministero dei Beni Culturali, al fine di dirimere la controversia. Di fatto è da anni che si attende una determinazione che stenta ad arrivare ed il diritto di seguito è spesso «congelato» in attesa di una soluzione definitiva da un lato auspicata e dall’altro temuta (l’affermazione del principio che il diritto di seguito è dovuto pure nel mercato primario metterebbe in ginocchio piccole gallerie e, per assurdo, anche la possibilità di giovani artisti di farsi conoscere a fiere e mostre nazionali ed internazionali).

Le due posizioni

Per svolgere alcune considerazioni su un argomento così scarsamente considerato dalla giurisprudenza innanzitutto è necessario analizzare entrambe le tesi. Quella della SIAE si può così sintetizzare:
• La normativa fiscale in materia di commissione e vendita senza rappresentanza prevede, all’art. 2, comma 2, numero, 3 del DPR 633/ 72, che «i passaggi di beni dal committente al commissionario e viceversa costituiscano a tutti gli effetti cessioni di beni e, dunque, dal punto di vista oggettivo costituiscano operazioni rilevanti ai fini IVA». L’art. 3 comma 3 ultimo periodo del DPR 633/72, stabilisce inoltre che «le prestazioni di servizi rese o ricevute dal mandatario senza rappresentanza sono considerate prestazioni di servizi anche nei rapporti tra mandante e mandatario e, dunque, dal punto di vista oggettivo costituiscano operazioni rilevanti ai fini IVA». In buona sostanza, la predetta normativa impone una doppia fatturazione: l’una tra gallerista ed acquirente per l’importo del prezzo pattuito e l’altra tra artista e gallerista per l’importo del prezzo di vendita detratta la commissione di quest’ultimo. E ciò per valorizzare dal punto di vista fiscale la commissione.
• Il punto n. 2 dell’articolo 144 sopra menzionato considera vendita successiva quella «che comporta l’intervento, in qualità di venditori, acquirenti o intermediari, di soggetti che operano professionalmente nel mercato dell’arte, come le case d’asta, le gallerie d’arte e, in generale, qualsiasi commerciante di opere d’arte». Quindi allorquando nella compravendita di un’opera sia coinvolto, a vario titolo, un professionista del mercato si tratterebbe sempre di «vendita successiva» per espressa previsione della norma. Ciò anche perché in caso contrario i galleristi del primo mercato potrebbero agevolmente eludere il diritto di seguito stipulando un contratto di commissione che cela invece una compravendita tra artista e galleria.
Quanto alla posizione delle gallerie, invece, la circostanza che la normativa fiscale avente ad oggetto la commissione, o in genere il mandato senza rappresentanza, preveda una doppia fatturazione non può e non deve influenzare lo schema del negozio concluso tra artista e gallerista che è, e rimane, un contratto di mandato nel quale il gallerista agisce in nome proprio ma per conto dell’artista, senza che mai il primo, anche solo per un istante, acquisti la proprietà dell’opera. In parole povere: se non ho mai acquistato l’opera, perché dovrei pagare il diritto di seguito? Se l’opera appartiene all’artista e io ho solo il compito di commercializzarla, non vedo perché dovrei essere «colpito» dal diritto di seguito. Inoltre, al fine di capire se si sia in presenza di una commissione o di una compravendita «vestita» da commissione, in sede di controllo la SIAE ben potrà agevolmente verificare in concreto sia se la galleria abbia ricevuto l’opera in conto deposito, e a meri fini espositiva, sia se la galleria abbia prima emesso fattura all’acquirente per il prezzo di vendita e solo dopo abbia ricevuto la fattura di acquisto dall’artista. Laddove ricorrano detti requisiti si è in presenza di commissione a vendere.
Le gallerie quindi si oppongono alla richiesta di pagare il diritto di seguito nel primo mercato.
Effettivamente a favore di questa tesi si può così argomentare che non deve essere ostativa all’interpretazione delle gallerie la circostanza che la normativa fiscale preveda una doppia fatturazione per l’ipotesi di contratto di commissione o di mandato senza rappresentanza. Ed invero ciò avviene solo perché in presenza di commissione o di mandato senza rappresentanza la normativa sopra citata prevede che i servizi resi dal mandatario al mandante siano rilevanti ai fini tributari, presupponendo ai fini Iva appunto un trasferimento interno di servizi qualificati. Appare ovvio che trattasi di fictio juris poiché il doppio passaggio si presuppone solo ai fini IVA e non ai fini civilistici. La natura del contratto non muta per la mera previsione di un onere fiscale aggiuntivo nella commissione.
• Il contratto di mandato, infatti, a mente dell’art. 1703 CC, è il contratto con il quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra. Esso può essere conferito con o senza rappresentanza a seconda che il mandatario sia deputato ad agire in nome e per conto del mandante o per conto del mandante ma in nome proprio. La Commissione è il nome del mandato senza rappresentanza che ha per oggetto l’acquisto o la vendita di beni per conto del committente da parte del Commissionario il quale agisce in nome proprio (art. 1731 cc). La Commissione si riferisce quindi esclusivamente ad affari di compravendita come nel caso di acquisto dal gallerista per i quali è più esatto argomentare di commissione e non appunto più genericamente di mandato a vendere senza rappresentanza.
L’art. 144 citato espressamente esclude dall’applicazione del diritto di seguito gli acquisti diretti dall’artista, siano essi avvenuti da un privato che da un operatore commerciale, e le compravendite comunque avvenute tra privati. Il secondo comma invece assoggetta a diritto di seguito le compravendite successive alla prima in cui vi sia anche solo l’intermediazione di un operatore professionale.
Trattasi questa di una norma speciale quindi il secondo comma della norma non può essere utilizzato per limitare la portata del primo se ciò non è espressamente previsto. Pertanto ove la norma abbia espressamente e tout court escluso il diritto di seguito per tutti gli acquisti avvenuti dall’artista e abbia affermato invece che solo dopo la prima vendita il diritto di seguito sorge, anche solo in presenza di una mera intermediazione di un operatore professionale, non si può che argomentare a favore della tesi delle gallerie.
È in questo caso infatti necessario ricorrere alle norme generali sull’interpretazione delle leggi (art. 12 Preleggi) ed in particolare ai criteri dell’interpretazione letterale (che si ha quando i risultati della chiara interpretazione letterale coincidono con quelli dell’interpretazione logica) e a quelli dell’interpretazione restrittiva (che si ha quando l’interpretazione logica restringe il significato proprio all’espressione usata dal legislatore) Plus dixit quam voluit1.
Quanto all’eccezione che la commissione simulerebbe una vendita mascherata da mandato senza rappresentanza occorre sottolineare che si è in presenza di commissione allorquando
a) L’opera sia stata consegnata al gallerista in conto vendita e per fini espositivi. In questo caso è opportuno che le gallerie concludano sempre con l’arista un contratto chiaro e che specifichino le singole opere date in conto vendita affinché la SIAE possa verificare il tenore dell’accordo e comprendere se si tratti di vendita o di commissione (in questa seconda ipotesi sarà dirimente che le opere oggetto del contratto non facciano parte delle rimanenze di magazzino, non essendo in questo caso mai state di proprietà della galleria);
b) In ipotesi di mandato senza rappresentanza la SIAE dovrà verificare se l’opera sia stata prima oggetto di fattura di vendita per un prezzo pattuito dalla galleria all’acquirente e solo dopo di fattura di acquisto emessa dall’artista al gallerista. In detta ipotesi la galleria non è mai stata, nemmeno per un istante, proprietaria dell’opera.

La normativa europea

Alla stessa conclusione non si può che giungere analizzando l’esegesi della norma. Ed invero la direttiva 2001/84/CE, nei propri considerando, espressamente afferma al n. 13) «È opportuno sopprimere le attuali differenze legislative che hanno un effetto distorsivo sul funzionamento del mercato interno ed impedire che emergano nuove differenze, dello stesso tipo»; al n. 14) inoltre si legge che «Un presupposto per il corretto funzionamento del mercato interno è l’esistenza di condizioni di concorrenza non falsate. Le differenze esistenti nelle disposizioni nazionali in materia di diritto sulle successive vendite di opere d’arte danno luogo a distorsioni di concorrenza nonché a fenomeni di delocalizzazione delle vendite all’interno della Comunità e comportano disparità di trattamento tra gli artisti a seconda di dove sono vendute le loro opere».
Orbene, gli enti gestori della riscossione del diritto di seguito a livello europeo per lo più hanno escluso che esso sia dovuto nelle compravendite di opere d’arte nel primo mercato. Ciò consente di affermare che solo argomentando a favore della tesi delle gallerie vi sarebbe un’equa ed uniforme applicazione di questo tributo a livello europeo.
Alla medesima conclusione non si può che pervenire, infine, analizzando il testo della Risoluzione del Parlamento Europeo del 20 novembre 2012 - che è una relazione sull’applicazione e sugli effetti della direttiva relativa al diritto dell’autore di un’opera d’arte sulle successive vendite dell’originale - (2001/84/ CE) (2012/2038(INI)). Colà, alla lettera C), si legge che l’adozione della direttiva è stata importante per gli artisti …. ma – afferma il legislatore comunitario - «persistono tuttavia delle preoccupazioni quanto ai suoi effetti sui mercati dell’arte europei, in particolare per le case d’aste e i commercianti specializzati e di piccole dimensioni, presenti in gran numero nell’UE».
Non si può che concludere che la tesi più restrittiva penalizzerebbe i galleristi del primo mercato ed i giovani artisti italiani rispetto ai colleghi europei e ciò creerebbe un effetto distorsivo del mercato contrario alla ratio della normativa europea.

Conclusione

A parere di chi scrive quindi la commissione e il mandato a vendere senza rappresentanza nel primo mercato sono esenti dall’applicazione del diritto di seguito non comportando – nemmeno per un istante - un passaggio di proprietà dall’artista al gallerista. Certamente l’assenza di una direttiva nazionale precisa e definitiva da parte della Siae contribuisce a creare incertezze nel marcato nazionale che rimane sempre più vittima di una superficialità normativa in materia qua inutile e dannosa e di un normativa che penalizza le gallerie italiane non in grado di competere a livello paritario sia con le altre gallerie comunitarie sia, soprattutto, con le gallerie statunitensi e di altri mercati emergenti.

Alessia Panella è avvocato. Si occupa di diritto civile e ha lavorato come avvocato specializzato in contratti di appalto pubblici e privati presso cooperative ed aziende private. Si occupa di contrattualistica nell’ambito del diritto dell’arte, vantando tra i propri clienti galleristi e artisti, essendo lei stessa appassionata collezionista. Ha insegnato Diritto dell’Arte e Diritto d’Autore presso lo IED di Venezia, pubblica articoli in giornali e riviste specializzate in Diritto dell’Arte. Coordina il gruppo di lavoro Arte e Cultura dell’Associazione Economisti e Giuristi Insieme costituita dal Consiglio Nazionale del Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, dal Consiglio Nazionale Forense e dal Consiglio Nazionale del Notariato. È componente del consiglio dell’AIMIG (Amici Italiani del Museo di Israele di Gerusalemme).

Note

(1) Cfr. A. Trabucchi (2007), Istituzioni di diritto civile, CEDAM, Milano