Nella prima metà di novembre si sono tenute due settimane intense di negoziati tra leader mondiali, delegazioni diplomatiche, imprese e organizzazioni della società civile, riunite per definire nuove misure volte a contrastare la crisi climatica. La 30ª Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC COP30), ospitata a Belém, in Brasile, dal 10 al 21 novembre 2025, è stata segnata da aspettative elevate e, al tempo stesso, da inevitabili delusioni legate al mancato avanzamento su alcuni fronti cruciali, come la riduzione dell’uso dei combustibili fossili. Tuttavia, un risultato è stato raggiunto: l’approvazione unanime del Global mutirão, un accordo politico che richiama la tradizione locale dello “sforzo comune”, un invito alla cooperazione per raggiungere obiettivi condivisi.

Il documento si articola in due parti principali. La prima richiama l’impegno collettivo ad accelerare l’implementazione delle azioni necessarie per mantenere vivo l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C e per supportare i Paesi nella realizzazione dei loro obiettivi climatici (NDC) e dei Piani Nazionali di Adattamento (NAPs). La seconda parte punta invece a rafforzare l’ambizione e l’efficacia degli stessi NDC e NAPs, enfatizzando la necessità di incrementare la cooperazione internazionale e catalizzare investimenti strategici.

Da questo contesto emergono due elementi chiave. Il primo riguarda il fatto che il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile non può essere affrontato individualmente. Leader politici, imprese, cittadini e attivisti devono agire in un lavoro condiviso e plurale, una convergenza di forze orientate verso un processo comune, trasparente e coerente.

Il secondo elemento riguarda invece la necessità di ripensare il ruolo stesso delle Conferenze sul clima. Dopo numerose edizioni, appare evidente l’esigenza di animare questi appuntamenti con un’energia nuova: non devono essere considerati soltanto tavoli di negoziazione politica, ma momenti di confronto che arrivano al termine di un anno di impegno concreto da parte dei singoli Paesi. Un percorso collettivo annuale che coinvolge governi, territori e, inevitabilmente, anche il tessuto imprenditoriale, e che trova poi nella COP l’occasione per valutare i progressi, correggere la rotta e rinnovare lo slancio verso gli obiettivi climatici. Torniamo così al punto precedente: il lavoro di squadra, sì, ma composto da un impegno sincero e da uno sforzo già avviato, fondato su una volontà autentica e non solo su obblighi normativi. Un percorso che nasce dalla convinzione condivisa della necessità di agire.

Cosa possiamo dunque portarci a casa da questa COP30? Sicuramente un rinnovato invito alla collaborazione, che per le imprese si traduce in un rafforzamento del ruolo della rendicontazione non finanziaria. Essa rappresenta oggi lo strumento principale per comprendere, monitorare, migliorare e condividere le azioni responsabili verso l’ambiente, le persone e l’economia. Lo conferma anche lo studio "Le aziende italiane e la tutela del capitale naturale per contrastare il cambiamento climatico", promosso dal Global Compact Network Italia in collaborazione con The European House – Ambrosetti e l’Università Ca’ Foscari Venezia, con il supporto di Edison. La ricerca evidenzia come il 78% delle aziende italiane riconosca il valore strategico del capitale naturale, ma solo il 42% monitori sistematicamente gli impatti sugli ecosistemi e sulla biodiversità. Pur riconoscendo i rischi legati alla crisi ambientale, solo il 31% dispone di una politica dedicata.

È proprio in questo scenario che la rendicontazione non finanziaria – attraverso bilanci di sostenibilità o bilanci sociali – rappresenta un percorso, oggi ancora volontario, di autoanalisi e responsabilità. Non riguarda solo l’ambiente, ma soprattutto le persone: perché giustizia ambientale e giustizia sociale sono due dimensioni inseparabili. Integrare il capitale naturale nelle valutazioni annuali significa riconoscere che la salute degli ecosistemi influenza direttamente la qualità della vita dei propri dipendenti, delle comunità e dei territori in cui l’impresa opera. Significa valorizzare le relazioni, come richiamato anche dalla COP30, promuovendo azioni interconnesse invece di interventi isolati, in un sistema sempre più complesso e travagliato, quale appare il pianeta Terra.

Oggi la sostenibilità è diventata cruciale nelle dinamiche d’impresa per ragioni tra loro strettamente correlate. Da un lato, consente di gestire rischi sempre più rilevanti – fisici, di transizione, reputazionali, operativi. Dall’altro, apre nuove opportunità di valore: innovazione, efficientamento dei processi, accesso a mercati emergenti, capacità di attrarre e trattenere talenti. Infine, risponde alle attese di stakeholder sempre più consapevoli, che riconoscono nelle relazioni, nella trasparenza e nel dialogo leve fondamentali per una crescita sana e duratura.

Per questi e molti altri motivi, Studio Lombard DCA crede profondamente nel percorso di sostenibilità delle imprese e lavora al fianco di chi desidera intraprenderlo con serietà. Un percorso che va oltre le mode, orientato a generare valore autentico: per l’azienda, per le persone che la animano e per l’ambiente che la ospita. Per costruire un equilibrio che tenga insieme esigenze individuali, collettive e planetarie.

Beatrice Carrara

 Beatrice Carrara
Aree: Sostenibilità, Cultura
Beatrice Carrara è storica dell’arte e studentessa magistrale in "Comunicazione del patrimonio" nel corso "Valorizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale" presso l’Università degli Studi di Bergamo. Si occupa della redazione di bilanci sociali e di sostenibilità e di attività di ricerca sull'economia dell’arte.