Dal valore ai valori: i futuri possibili del Salone della CSR e dell’Innovazione Sociale
Si è chiuso il Salone della CSR e dell’Innovazione Sociale -CSR e, anche quest’anno, siamo state felici di rinnovare la nostra partecipazione presso l’Università Bocconi di Milano (8, 9 e 10 ottobre). Il Salone rappresenta un appuntamento culturale di grande rilievo, nato con l’obiettivo di favorire l’incontro e il dialogo sui temi emergenti dell’innovazione d’impresa e del sociale. Aziende, istituzioni e professionisti si ritrovano per condividere le migliori pratiche e discutere le nuove tendenze nel campo della responsabilità sociale d'impresa e della sostenibilità.
Giunto alla sua tredicesima edizione, il Salone ha scelto come titolo “Creare futuri di valore”, sottolineando l’urgenza – in un contesto sempre più complesso e conflittuale – di riflettere insieme su come costruire concretamente un futuro migliore e su cosa intendiamo davvero con questo concetto. È stata dunque una riflessione che, più che sul futuro in senso astratto, si è concentrata sui futuri possibili, invitandoci a non lasciarci sopraffare dall’incertezza del presente o dal rumore incessante del tempo che scorre e ci interroga: “a che punto siamo con gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030?”
Un altro tema emerso come filo conduttore dei circa 120 eventi organizzati è stato quello del valore, e della sua trasformazione al plurale, nei valori. In questi rientrano naturalmente la creazione di impatti sociali, ambientali ed economici e l’analisi delle loro conseguenze, ma anche il riconoscimento della rilevanza dei giovani e dell’importanza delle relazioni. Da qui nasce la necessità di rivalutare il fattore governance come elemento chiave per guidare la sostenibilità dentro e fuori le istituzioni e le imprese di ogni tipologia.
Riteniamo interessante riportare alcune questioni che hanno suscitato la nostra attenzione e stimolato la riflessione. Altre, invece, le approfondiremo nei prossimi articoli dedicati alla sostenibilità.






Demografia: una sfida o un’opportunità?
Non se ne parla spesso, forse per scomodità o perché non siamo pronti ad affrontare questo cambiamento, ma i dati sulla demografia italiana – più che preoccuparci – dovrebbero rappresentare una leva di innovazione su cui vale la pena iniziare a lavorare. A livello nazionale, infatti, viviamo una condizione particolare: siamo la società più longeva della storia del Paese, con un’età media di circa 83,5 anni, e al contempo quella con il numero più basso di nascite. I nuovi nati sono per circa il 21% figli di almeno un genitore straniero, e una percentuale simile riguarda coloro che hanno entrambi i genitori non italiani. Siamo inoltre il Paese più anziano al mondo, con solo il 15% della popolazione sotto i diciotto anni, e ospitiamo una quota record di stranieri residenti, circa 5,4 milioni di persone. Abbiamo anche la più alta percentuale di giovani laureati della nostra storia – il 31,6% – che tuttavia resta la più bassa a livello europeo.
Cosa possiamo imparare da questi dati? Che è necessario cambiare la prospettiva con cui li abbiamo sempre osservati — o forse nascosti — e iniziare invece a considerarli come opportunità. Il valore aggiunto risiede nella capacità di agire in modo diverso sui sistemi di welfare, oggi sempre più sostenuti dai privati come dalle famiglie, e nel ripensare ai nostri sistemi di integrazione, così come alla cultura della vecchiaia. Sì, perché questa non inizia a sessant’anni, ma da quando nasciamo. È dunque fondamentale diffondere una nuova consapevolezza sul significato che attribuiamo alla diversità — di età, di provenienza, culturale — e sull’importanza dei sistemi di prevenzione delle malattie, prima che i sintomi ci colgano di sorpresa.
Occorre anche imparare a dialogare tra generazioni, sempre più distinte e talvolta distanti anche all’interno delle imprese. Un buon punto di partenza consiste nel comprendere quanto possa essere proficuo aprirsi al confronto, nonostante le differenze di età e culturali: ciascuno di noi è unico e può offrire un contributo prezioso al percorso professionale e civile che desidera costruire.


Sostenibilità è anche competitività
Anni fa, quando la cultura della sostenibilità muoveva i primi passi tra le imprese, essa era percepita come una strada rischiosa da intraprendere. Oggi, al contrario, assistiamo a un numero crescente di realtà che scelgono di adottare i fattori e gli standard ESG – Environmental, Social, Governance – perché coerenti con la propria strategia. Può trattarsi di una strategia relazionale, sociale, ambientale, ma anche, e soprattutto, di competitività.
La sostenibilità rappresenta oggi un vero e proprio vantaggio competitivo, poiché consente alle imprese di differenziarsi e di trovare la propria strada in base alla propria vocazione e alla materia in cui operano. L’importante è avere il coraggio di investire in questa direzione. Non possiamo sottovalutare quanto questo processo, se accompagnato da una strategia solida, sia impegnativo e oneroso. Ma, diciamolo chiaramente, tutto ha un costo. È perciò necessario andare oltre la paura dell’investimento economico: se ben strutturato, progettato e sostenuto, non andrà perso, ma genererà valore economico, sociale e ambientale, di cui beneficerà la stessa impresa. La vera domanda, dunque, non è quanto costa, ma perché decidiamo di intraprendere questa strada.
Il Salone è stato una bellissima palestra di pensiero, per la quale i membri dello Studio Lombard desiderano ringraziare con affetto tutti gli organizzatori, i relatori e coloro che hanno condiviso con noi riflessioni e visioni sul futuro in cui vogliono credere e per cui desiderano lavorare. Torniamo a casa con tanto materiale, idee e progetti su cui riflettere e lavorare, a partire dal nostro interno, affinché i valori che vogliamo generare non puntino tanto alla quantità, quanto alla qualità.
