Content Creator in Italia: inquadramento fiscale e previdenziale
Nell’epoca dell’economia digitale sono emerse nuove professioni legate alla produzione e diffusione di contenuti online (content creator). Queste nuove figure hanno evidenziato criticità interpretative nel campo del diritto tributario e previdenziale. Si tratta di soggetti che operano prevalentemente in ambienti digitali, spesso attraverso piattaforme estere, con modalità contrattuali informali e difficilmente monitorabili attraverso i tradizionali strumenti di controllo fiscale.
Nel corso del 2025 iniziano a emergere le prime interpretazioni e inquadramenti delle nuove figure che operano su piattaforme digitali. In particolare, l’ISTAT, con l’emanazione dei nuovi codici ATECO, ha introdotto il codice 73.11.03 denominato Attività di influencer marketing. Successivamente, l’INPS, con la circolare 44 del 2025, ha spiegato l’inquadramento previdenziale della figura del content creator, indicando appunto il codice 73.11.03.
L’INPS, nella circolare 44 del 2025, oltre a indicare specificatamente il nuovo codice ATECO 73.11.03, fa un breve esame della tipologia di attività che svolgono i content creator e ha spiegato l’inquadramento contributivo a cui potrebbero essere assoggettati.
In particolare, ne ha individuati 3.
1. Gestione artigiani commercianti
Quando l’attività svolta da un professionista del settore digitale è composta da più attività in cui prevale l’uso di strumenti, risorse e mezzi organizzativi rispetto al lavoro personale, allora si considera un’attività economica vera e propria.
In questi casi, l’attività non può più essere considerata lavoro autonomo semplice, ma rientra nel settore commerciale o dei servizi. Di conseguenza, è obbligatorio aprire una partita IVA come impresa, iscriversi alla Camera di Commercio (CCIAA) e iscriversi alla gestione previdenziale dedicata agli esercenti attività commerciali.
2. Lavoro autonomo professionale
Quando un’attività viene svolta in modo autonomo, senza vincoli di subordinazione o collaborazione coordinata e continuativa, e si basa principalmente sul lavoro personale e intellettuale, senza essere organizzata come un’impresa, allora si parla di attività libero-professionale.
In questi casi, il professionista ha l’obbligo di iscriversi alla Gestione Separata INPS, come previsto dall’articolo 2, comma 26, della Legge n. 335 del 1995
3. Attività riconducibili al settore dello spettacolo
Quando l’attività svolta dai soggetti in trattazione presenta caratteristiche riconducibili a prestazioni artistiche, culturali e di intrattenimento, al verificarsi dei presupposti previsti dalla legge, sorge l’obbligo assicurativo al Fondo Pensioni per i Lavoratori dello Spettacolo (FPLS); ciò anche nel caso in cui la suddetta attività sia posta in essere per la realizzazione di finalità commerciali, promozionali o informative.
L’iscrizione alla FPLS si ha quando un professionista realizza contenuti audiovisivi su incarico di un committente (come un’agenzia o un’azienda), con finalità pubblicitarie e dietro compenso, e svolge attività simili a quelle previste per i lavoratori dello spettacolo (come attori, registi, fotomodelli).
In questi casi, è obbligatoria l’iscrizione al Fondo Pensioni per i Lavoratori dello Spettacolo (FPLS), indipendentemente dal tipo di contratto o dal grado di autonomia. Il committente ha quindi l’obbligo di versare i contributi previdenziali e assistenziali previsti.
A livello di imposizione diretta (IRPEF, addizionali regionali e comunali), i content creator non hanno differenze rispetto agli altri professionisti e imprenditori e, in base al loro reddito, verseranno le imposte, appunto IRPEF, addizionale regionale e addizionale comunale.
I content creator, se rispettano i requisiti previsti dalla normativa, possono aderire al regime forfettario previsto dalla legge 190/2014 e versare un’imposta sostitutiva del 5% o 15% al posto di IRPEF, addizionale regionale e addizionale comunale.
Imposte indirette (IVA)
Per quanto riguarda l’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA), il content creator che non applica il regime forfettario deve prestare particolare attenzione alla natura del committente (se soggetto passivo o privato) e alla territorialità dell’operazione, in base alle regole previste dal DPR 633/1972, aggiornato al 2025.
In sintesi:
- Cliente italiano (B2C o B2B): si applica l’IVA italiana al 22%.
- Cliente estero soggetto passivo (B2B): nella maggior parte dei casi si tratta di servizi generici (art. 7-ter), per cui l’operazione non è territorialmente rilevante in Italia. L’IVA è assolta dal cliente estero tramite il meccanismo del reverse charge nel proprio Paese.
- Cliente privato residente nell’UE (B2C): la prestazione è territorialmente rilevante nel Paese del consumatore. Il content creator italiano deve quindi applicare l’IVA del Paese del cliente. Per semplificare gli adempimenti, può aderire al regime OSS (One Stop Shop), che consente di versare l’IVA dovuta nei vari Stati membri tramite un’unica dichiarazione trimestrale all’Agenzia delle Entrate italiana, la quale provvederà a ridistribuire gli importi ai singoli Paesi UE.
- Cliente privato extra-UE (B2C): in base al nuovo art. 7-quinquies, introdotto dal D.Lgs. 180/2024, i servizi digitali resi virtualmente (es. streaming, corsi online, eventi digitali) non sono territorialmente rilevanti in Italia. Pertanto, non si applica l’IVA italiana, ma potrebbe essere dovuta nel Paese del cliente, a seconda della normativa locale.
Andrea Romito
Andrea Romito
Aree: Tax & Compliance, Digitalizzazione e procedure contabili
Laureato in “Economia e Legislazione per l’Impresa”, Dottore Commercialista e Revisore Legale. Entrato in studio nel 2009, ha maturato la sua esperienza prestando consulenza fiscale e societaria a società appartenenti al settore consumer e industrial. Accompagna i clienti nella pianificazione fiscale, affiancando gli imprenditori nelle scelte strategiche di impresa.