Mentre la crisi sembra finalmente allentare la sua presa è ancora più importante avere un’idea di futuro e capire il posto che vogliamo che l’Italia occupi nel mondo. Mentre dobbiamo fare i conti con nostri i mali antichi – non solo il debito pubblico, ma le disuguaglianze sociali, la disoccupazione, l’illegalità, una burocrazia spesso opprimente, il Sud che perde contatto – sapremo raccogliere le sfide e le grandi opportunità di questa epoca? Saremo in grado di agganciare le tendenze che possono scongiurare nuovi anni di crescita anemica? La richiesta crescente, e anticiclica, di made in Italy; il record di turisti extraeuropei che visitano il nostro Paese; l’attenzione alla sostenibilità ambientale, che cresce a livello globale e sta permeando il nostro sistema industriale; la voglia del cibo italiano (che spinge fino a 60 mld il fatturato dell’italian sounding), della creatività dei nostri produttori, della bellezza dei nostri prodotti, della cultura.
Nella crisi abbiamo imparato che non ha chance un approccio alla De Filippo: “Ha da passa’ `a nuttata”. Solo se punta sui talenti che il mondo le riconosce, se rinnova le sue tradizioni col linguaggio dell’innovazione e della green economy; se guarda all’estero tenendo ben saldi i piedi sui territori, nelle comunità e nei distretti; solo scegliendo la bellezza e la cultura – magari attraverso gli occhi dell’economia della condivisione – l’Italia avrà un futuro alla sua all’altezza. E’ l’Italia che fa l’Italia quella che ha successo nel mondo, che guadagna appeal nei 5 continenti e batte la concorrenza.
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