La relazione annuale dell’Inps ci ha regalato cinque proposte di riforma: una – l’unificazione dei pagamenti– riguarda il funzionamento dell’istituto di previdenza, le altre quattro sono suggerimenti di riforma delle politiche previdenziali. Le reazione a caldo da parte di politici e sindacati sono state a dir poco fredde. È tuttavia difficile valutare la bontà di proposte (o suggerimenti, come definiti dalla relazione) appena abbozzate, perché in questi casi il diavolo è nei dettagli.
I quattro suggerimenti di riforma della previdenza riguardano una rete di protezione per i lavoratori anziani, la flessibilità in uscita, l’armonizzazione dei rendimenti tra le diverse coorti e tipologie di pensionati e la possibilità per le imprese di versare contributi previdenziali addizionali per gli ex-lavoratori già in pensione.
A ben vedere, questi suggerimenti hanno un filo conduttore: interessano la posizione dei lavoratori anziani nel mercato del lavoro. L’obiettivo è sicuramente meritorio. Durante la recente crisi, il tasso di povertà tra le persone con più di 55 anni è triplicato, anche a causa di un aumento della disoccupazione, che diventa una strada senza uscita in questa fascia d’età. Tuttavia, i suggerimenti di riforma dovranno essere opportunamente declinati, affinché i rimedi non diventino peggiori dei mali. Vediamo alcuni aspetti.
viaPrevidenza: i costi della flessibilità.
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