“Focalizzarsi sulle grandi opere ci ha portato, in quattordici anni di Legge obiettivo, a stanziare 285 miliardi per vederne impiegati soltanto 23, appena l’8 per cento. La montagna ha partorito il topolino e ha anche generato meccanismi opachi come quello del general contractor”. Così si è espresso il ministro Graziano Delrio in una recente intervista a Repubblica, in cui ha anche sostenuto molte altre cose pienamente condivisibili: uscire dalla logica delle emergenze e rientrare nella normalità: “procedure europee, regole semplici sugli appalti, programmazione, coinvolgimento dei territori”, “perché i meccanismi corruttivi sono più semplici con procedure d’emergenza, commissari, regolette e codicilli, varianti in corso d’opera”; “le uniche grandi opere sono quelle utili, che possono essere anche riparare una scuola o mettere in sicurezza il costone di una montagna”.
Se dalle parole del ministro seguiranno i fatti si sarà compiuta la svolta a U nella politica italiana delle infrastrutture. Cosa ovviamente non semplice, dati gli enormi interessi costituiti che si opporranno e faranno resistenza in tutti i modi.
viaMusica nuova per le infrastrutture.
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