«Dio vi benedica e vi tenga sotto la Sua santa protezione, ragazzi. Spero abbiate tempo buono ora e che il capitano Achab possa venire presto fra di voi; un bel sole è tutto quello che gli serve e ne avrete da vendere nel viaggio ai tropici che state per fare. State attenti nella caccia, ufficiali. Non sfondate barche senza necessità̀, ramponieri; il buon cedro bianco è salito del tre per cento quest’anno. E non dimenticate neppure le vostre preghiere. Signor Starbuck, attento al bottaio: non sprechi le doghe di riserva. Oh, le aguglie sono nel cassone verde! Non cacciate troppo nei giorni di domenica, ragazzi; ma non fatevi scappare una buona occasione, che sarebbe rifiutare la grazia di Dio. Occhio alla botte della melassa, signor Stubb: mi pare che perda un poco. Signor Flask, se toccate le isole, attento a non fornicare. Addio, addio! Quel formaggio, signor Starbuck, non tenetelo troppo nella stiva che si rovina. E mi raccomando col burro! Venti centesimi alla libbra è stato» …
Nave e barca si scostarono. La brezza notturna, umida e fredda, soffiò di mezzo, un gabbiano passò stridendo, e i due scafi rollarono paurosamente. Lanciammo tre urrà col cuore pesante, e ci tuffammo alla cieca, come il destino, in quell’Atlantico selvaggio …
Lo capisci ora, Bulkington? Sembra che tu veda barlumi di quella verità, intollerabile ai mortali; che ogni pensiero profondo e serio non sia altro che l’intrepido sforzo dell’anima per difendere l’aperta indipendenza del suo mare, mentre i venti più selvaggi del cielo e della terra cospirano per gettarla sulla spiaggia della schiavitù e del tradimento. Ma poiché solo nella mancanza di terra risiede la più alta verità, che è senza riva, infinita come Dio, così, meglio perire in quell’infinito ululante che essere ingloriosamente lanciato sottovento, anche se questo volesse dire la salvezza. Perché chi, allora, come un verme, vorrebbe strisciare vigliaccamente a terra? Terrore dei terrori! E’ così vana tutta questa agonia? Coraggio, coraggio Bulkington! Stringi i denti e resisti, semidio! Su dagli spruzzi della tua fine oceanica, balza la tua apoteosi!
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Il Pequod salpò, dice Melville, il giorno di Natale del 1840. Salpò come noi facciamo ogni giorno e celebriamo una volta all’anno, tutti gli anni, alla fine dello stesso mese. Con i nostri buoni propositi, le nostre balene da inseguire, gli intrepidi sforzi, gli inevitabili fallimenti, gli oceani, le apoteosi e i nostri viaggi, così personali, umani e curiosi, di cui la fine é ciò che importa meno.
Buon anno, buon viaggio.
sLDCA
(Il testo in corsivo, ovviamente, è tratto da Moby Dick di Herman Melville e lo trovate in tutte le librerie, meglio se indipendenti. L’immagine della balena è, invece, di Simona Mulazzani e la trovate qui)
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